I nostri cari defunti ci parlano
Esperienze

DIALOGHI CON L’ALDILÀ

COME I NOSTRI CARI TRAPASSATI CI PARLANO

I nostri cari defunti ci parlano. Questa è una certezza, non solo per il sensitivo, ma anche per tutte le persone “normali” (ma questo termine, normale, vorrà poi dire qualcosa?) che, portate all’ascolto, all’osservazione, all’introspezione, hanno vissuto un certo tipo di esperienza dopo la dipartita di una persona cara.

Mille sono le strade con cui un trapassato può portare a noi la sua voce. Primo tra tutte, il sogno. Ma anche durante la veglia, chi è attento sarà in grado di cogliere quei piccoli nessi, quei segnali sottili che mostrano la presenza di qualcuno, la volontà di trasmettere un messaggio. Un messaggio non sempre chiarissimo.

Chi mi conosce professionalmente, sa con quanta cautela e amorevole rispetto io mi accosti al mondo dei trapassati. Tutti sanno, ad esempio, che non faccio sedute spiritiche e che non chiamo mai un defunto… al punto che questa mia reticenza mi ha talora messo in contrasto o in discussione con i miei amici costellatori.

Se escludiamo coloro che sono deceduti molto di recente e anche tutti quei trapassati “pesanti” (e ce ne sono purtroppo moltissimi) che sono rimasti in qualche modo legati in modo innaturale alla vita terrena, il trapassato è un Essere che sta vivendo una nuova forma di esistenza, un’esperienza totalmente diversa da quella precedente. Non è un’anima che sperimenta una condizione di pura contemplazione e di beatitudine in qualche sorta di paradiso, ma un’entità che, proprio come tutti noi, ha dei compiti, degli obiettivi, delle aspirazioni, un progetto da realizzare. Anche se per lui sono profondamente mutati i concetti di spazio e di tempo, si trova comunque in quelli che possiamo, per similitudine, definire un tempo ed un luogo.

Noi dobbiamo avere per loro il rispetto e l’umiltà di disturbarli il meno possibile perché, se è vero che loro continuano a vederci e a seguirci, è altrettanto vero che il nostro richiamo o il nostro eccessivo attaccamento costituiscono per loro un forte richiamo energetico… in altre parole, un forte vincolo e quindi, potenzialmente, un disturbo.

Dobbiamo pertanto aspettare che siano loro a “farsi vivi” con noi (e vi garantisco che, quando possono, lo fanno spesso e volentieri), senza particolari aspettative e senza preconcetti. Ho effettuato centinaia di canalizzazioni di defunti che, per mio tramite, hanno voluto mettersi in contatto con i loro congiunti. Non sempre però questo avviene e, comunque, è bene affrontare questo tipo di comunicazione con equilibrio e serenità, anche perché spesso e volentieri quello che ci viene detto non si conforma alle nostre aspettative.

D’altro canto, l’Essere disincarnato è profondamente diverso dalla “persona” che abbiamo conosciuto. Non ragiona e non sente allo stesso nostro modo e non sempre il suo messaggio è esplicito. Ci vuole molta umiltà per comprendere a fondo questa verità.

Posso citare tre casi recentissimi.

Nel primo, il padre (da lungo tempo defunto) di un mio cliente si è manifestato attraverso di me in sua presenza. Non entro ovviamente nel merito di quanto gli abbia comunicato, ma è significativo che, sin dal primo istante della canalizzazione, egli abbia esternato una sofferenza fisica, costringendomi a posare più volte la mano sul petto. Al punto che avevo chiesto con insistenza alla persona se qualcuno in famiglia avesse avuto recentemente un infarto o soffrisse di patologie cardiache, ricevendo però risposta negativa. Questo dettaglio, rimasto in principio incompreso, ha palesato in pieno il suo significato quando, pochi giorni dopo, il fratello del mio cliente ha dovuto essere ricoverato urgentemente per problematiche cardiache.

Nel secondo caso, mi si è presentato il cognato di un caro amico che, con atteggiamenti e gesti tipici del suo passato da vivente, mi ha riferito di una situazione che non gradiva all’interno della sua famiglia… cosa che ho subito riferito al mio conoscente, consentendogli di intervenire in anticipo presso i nipoti per sistemare le cose.

Il terzo caso riguarda un parente di un altro mio conoscente, un uomo molto anziano che si era già manifestato tramite la sottoscritta durante gli ultimi giorni di vita, al punto che la sua improvvisa dipartita non mi aveva stupita per niente. Nelle settimane successive, più volte ha richiesto la mia canalizzazione per farmi riferire al suo congiunto alcuni “consigli” su come questi avrebbe dovuto, secondo lui, disporre dell’eredità!

Se da un lato possiamo rimanere stupiti o anche turbati da certe comunicazioni dei nostri trapassati, d’altro canto queste manifestazioni – a cui il sensitivo è, nel bene e nel male, ben avvezzo – ci dona la certezza della continuità della vita e del perdurare del rapporto tra i viventi, prima e dopo quella che i più definiscono “morte” ma che io preferisco chiamare “complevita”.

 

(Rif.: ESPIRA B024)